Meno grigi più Verdi

di Alberto Mattioli

Presentazione alla Libreria Minerva - Trieste - 20 aprile 2018 ore 17.30 a cura di Giulio Delise 

 

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Venerdì alle 17.30 Alberto Mattioli presenterà il suo libro "Meno grigi più Verdi. Come un genio ha spiegato l’Italia agli italiani", pubblicato da Garzanti. Giulio Delise ne discuterà con l’autore. Evento organizzato a cura dell’Associazione Triestina Amici della Lirica G. Viozzi.

Il libro: Giuseppe Verdi è il più celebre e popolare tra gli operisti. Ma Verdi è stato anche qualcosa di più: insieme a pochi altri grandi compatrioti (Machiavelli, Leopardi, Fellini) ha saputo descrivere gli italiani non per come credono di essere, ma per come sono veramente. Le opere del genio di Busseto sono i modelli dei nostri (tanti) vizi e delle nostre (poche) virtù: la prima scena del Rigoletto sembra svolgersi durante una delle cene eleganti di Arcore; il protagonista di Un ballo in maschera è l’archetipo del bamboccione di provincia, già pronto per comparire nei Vitelloni; Radamès è il ragazzo di buona famiglia che si innamora della colf immigrata Aida invece che di un mezzosoprano socialmente compatibile. E nei suoi capolavori tutti, fra una cavatina e un duetto, ritroviamo atmosfere, situazioni e istituzioni che sono, nel bene e nel male, tipicamente italiane: la famiglia, il rapporto con le donne e con la Chiesa, la noia della provincia, il ruolo degli intellettuali, il peso del denaro.

L'autore Alberto Mattioli è giornalista del quotidiano "La Stampa". Esperto d’opera, tiene una rubrica su "Classic Voice" e ha collaborato con molti teatri e riviste italiani e internazionali. Ha scritto due libri, "Big Luciano. Pavarotti, la vera storia" e "Anche stasera. Come l’opera ti cambia la vita", e due libretti d’opera, "La paura" e "La rivale".

In pubblicazione : Editore: Garzanti Libri Collana: Saggi Data di Pubblicazione: febbraio 2018 ISBN: 8811673291 Pagine: 150

RECENSIONE/INTERVISTA di ELISABETTA D'ERME per il PICCOLO

Alberto Mattioli, modenese, classe 1969, librettista e critico musicale de La Stampa, nel suo nuovo libro “Meno grigi più Verdi: come un genio ha spiegato l'Italia agli Italiani” (Garzanti, pp. 160, euro 16) propone con ironia e leggerezza di ripensare Verdi oggi sfrondandolo da tutti i luoghi comuni e cattive abitudini “di tradizione” che rischiano di darci una immagine falsa e fuorviante del Cigno di Busseto. “Meno grigi  più Verdi” (slogan letto su un graffito vicino a alla Scala) rimette le cose al loro posto, ovvero colloca Verdi nella sua prospettiva più corretta e e mettere in rapporto i contenuti del suo teatro con i vizi più inveterati degli italiani, che hanno nel tempo usato l'hanno usato più o meno impropriamente. L'autore, un indefesso melomane, sarà a Trieste venerdì 20 aprile per presentare il suo libro alla Libreria Minerva (Via S. Nicolò) alle ore 18.00. L'incontro, organizzato dalla Associazione Triestina Amici della Lirica Giulio Viozzi, sarà curato da Giulio Delise. Nel suo libro, Mattioli si augura infine che possa essere ridato “a Verdi il suo posto nella coscienza degli italiani”. Una missione che al momento IN ITALIA può essere portata avanti solo dalla italianissima classe dei Sovrintendenti e dai Direttori artistici e amministrativi delle Fondazioni liriche o dai Teatri di tradizione. Infatti all'estero Verdi è vivo e vegeto e proiettato verso il futuro. Nel caso dei teatri italiani scelte ottusamente conservatrici (regie polverose, senza idee, poco o niente creative o stimolanti) sono motivate dalla paura di perdere pubblico.... “E' un circolo vizioso.” - sostiene il giornalista sottolinenando come qui in Italia: “Si identifica il bello nel fare le cose sempre nello stesso modo in modo da non spaventare il pubblico, ma allo stesso tempo impedendo così di trovarne di nuovo. In Italia il pubblico dell'opera ha una età media molto avanzata, sottoposto a un calo fisiologico, inoltre noi paghiamo lo scotto di una frattura che ha completamente invertito il rapporto tra il pubblico italiano e la modernità. Un pubblico che è sempre stato all'avanguardia (non d'avanguardia che è altro), che ha capito le cose con molta rapidità, in anticipo. Poi c'è stata una cesura, e mentre fino agli anni '70 l'Italia era un laboratorio (L'Anello del Nibelungo” di Ronconi che ha fatto scuola nel mondo viene prima di quello di Patrick Cheraeu)... poi c'è stata una fase provinciale, reazionaria e autarchica di cui scontiamo le conseguenze. Mi sembra che negli ultimi tempi ci sia qualche timido segnale di risveglio. Penso ad esempio al recente Stiffelio di Parma.”

Nell'ottica di ripensare Verdi in termini attuali, Mattioli suggerisce anche di rivedere certi abitudini che di Verdi privilegiano solo il canto mentre bisognerebbe rivalutare la componente teatrale nell'opera lirica e quindi l'importanza del libretto, del testo che letto con dedizione filologica si apre a interpretazioni attuali e emozionanti. Naturalmente Mattioli non sostiene l'esclusivo primato della parola sulla musica, ma dico che “parlando di teatro musicale abbiamo un sostantivo e un aggettivo che devono stare in equilibrio . Per cui il fascino di questa cosa che chiamiamo opera lirica dovrebbe essere l'equilibrio tra il lato musicale e quello teatrale. Io dico che c'è una percezione sbagliata dei libretti verdiani che possono sicuramente esser discutibili dal punto di vista letterario, ma dal punto di vista drammaturgico non lo sono. Verdi, come tutti gli artisti dell'epoca romantica, è il librettista di se stesso, solo che non scrive come Wagner in prima persona, ma si affida a degli scribi, ma il risultato è che il librettista di Verdi è sempre Verdi e che - come Shakespeare - è il più grande drammaturgo dell'occidente. Il teatro verdiano va considerato come un unicum che non si esaurisce nel fatto musicale e men che meno nel fatto canoro. E' il grande teatro dell'800, fatto di musica e di drammaturgia. Leggerei libretti verdiani non solo per le loro goffaggini verbali è importante perché ci narrano delle cose. Che il Rigoletto si apre con un orgia non è una bizzarria del regista di turno, ma indicato nel testo di Verdi. Quindi dobbiamo saper anche leggere quello che libretti non possono dire per ragioni di censura capiamo che questi tanto vituperati testi sono grandissimo teatro con una drammaturgia calibrata studiata pensata.“

Il teatro musicale e Verdi in particolare è un genere che per sua natura ci spinge a riflettere sulla storia (quella con la S maiuscola), un esercizio scomodo per un popolo, il nostro, pigro e con memoria corta … Mattioli sottolinea invece come - rileggendo le opere di Verdi - possiamo capire meglio da dove veniamo chi siamo e come lo siamo diventati. Infatti sottolinea quanto “Verdi è un figlio dell'800 romantico, ovvero del momento in cui viene inventata la Storia, in cui si richiede allo spettacolo la veridicità storica, ma falsa, non vera. E' l'epoca che vuole rivedere in scena l'Escorial o l'antico Egitto. Verdi si adegua. E' uomo del suo tempo. Il teatro verdiano pur nella sua universalità è un teatro fortemente politico e quindi Verdi parla di ciò che conosce meglio, che gli interessa di più ovvero gli italiani. Verdi ha fatto l'Italia, ma l'Italia ha fatto Verdi. Ci sono delle costanti antropologiche, sociologiche, sociali degli italiani che sono assolutamente evidenti nel teatro verdiano e che si ritrovano anche oggi. Questo vuol dire che Verdi ha avuto una capacità di penetrazione sull'Italia che troviamo in pochissimi intellettuali italiani. Italia spesso raccontata non per come è ma per come si crede di essere o dovrebbe essere. Verdi c'è riuscito.” Nel libro Mattioli indica tra i temi chiave della poetica verdiana l'analisi del rapporto conflittuale, epocale e lacerante tra generazioni: esemplificati ad esempio da storie di padri e figli o padri e figlie. La più forte resta quella di Rigoletto. Il suo caso è particolarmente spiazzante perché Gilda non solo non ho la più pallida idea di chi sia la madre, ma non sa nemmeno il nome del padre, non ha idea di che lavoro faccia e di come la mantenga. Quando glielo chiede inizia la sua rovina. Insomma per dirla con Lacan, Rigoletto, negando a Gilda il nome del padre, la uccide simbolicamente ben prima d'esser colto dalla maledizione.... Per non parlare di Manrico, Don Carlo etc Insomma con Verdi meglio non fare troppe domande ai propri genitori.... Insomma per Mattioli “i grandi temi delle opere verdiane sono ancora assolutamente veri, vitali. Come appunto il rapporto tra padre e figlio. Lo scontro generazionale è un tema centrale del teatro verdiano, ma è anche un tema assolutamente attuale nell'Italia degli anni 2000. Come pure i difficili rapporti tra il cittadino e lo Stato, tra lo Stato e la Chiesa sono temi assolutamente attuali nell'Italia del 2018, esattamente come lo erano un secolo fa. Il che non depone a nostro favore, fatta l'Italia restano ancora da fare gli italiani. Sono temi che evidentemente non siamo capaci di risolvere, e che fanno parte della nostra identità nazionale. Da qui la doppia natura del teatro verdiano, da un lato il suo successo globale e dall'altro il carattere peculiarmente italiano che dovrebbe dare al questo nostro pubblico una chiave in più, in quanto si presenta come uno specchio, uno specchio davanti al quale ci siamo noi.

 

Elisabetta d'Erme

 

 

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